Gianni
5/5
Che sia benedetto il suino, animale nobile, generoso e che più di ogni altro è sempre stato compagno totale, forse non proprio spontaneamente!, della nostra cultura e tradizione alimentare. Qui all’Antica Corte Pallavicina, il generoso mammifero viene nobilitato in ogni forma, fino a raggiungere vette mai viste nell’offerta di culatello.
Sì signori, qui siamo nella patria del culatello, ma mi si permetta di aggiungere che qui siamo nel CRU del culatello. Fatevi un giro, se potete prima di pranzo o cena, nelle magnifiche cantine dell’azienda e capirete di cosa sto parlando: migliaia e migliaia di culatelli che riposano e stagionano per i migliori ristoranti del mondo e per personalità che, beate loro, possono permettersi di avere qui in corte la loro cantina di invecchiamento privata!
Dunque, mi sembra evidente che la location parli da sola! Al di là della cantina, stiamo parlando di un’antica corte stupendamente conservata e restaurata che sorge a pochi metri dalle sponde, anzi dagli argini, del Grande Fiume.
Il servizio è stato di buon livello e una nota di incoraggiamento al giovane personale di sala che si alterna nelle varie attività di un ristorante rinomato come questo. Bravi!
Il nostro pasto è stato accompagnato da una valida bottiglia di Braje 2017 di Storchi, un produttore di Montecchio. Vino non troppo complesso, ma che ben ha supportato un pranzo dai sapori e dalle portate così diverse e complesse.
Quando con il mio amico di numerose scorribande ho deciso di pranzare in questo luogo, avevo 2 piatti su tutti che avrei voluto assolutamente provare: il primo, un antipasto, che si chiama Il Podio dei Culatelli di suino bianco tradizionale, dove vengono presentate 3 selezioni rispettivamente invecchiate 18, 27 e 37 mesi. Un crescendo verdiano! Un’esperienza che non mi vergogno a dirlo mi ha fatto venire la pelle d’oca e commosso! E’ incredibile vedere e sentire come dalla più estrema dolcezza e delicatezza della versione meno stagionata, si possa percepire e godere il progressivo passaggio alle versioni più stagionate che acquistano in complessità, in profumi e gusto. Come ci avevano anticipato durante la visita alle cantine, nei culatelli stagionati si trovano tutti i profumi e gli aromi della cantina stessa. A volte sembra di gustare l’insaccato con del formaggio, ma invece questo è l’effetto incredibile delle muffe, dell’umidità e dello scambio di odori che il nobile prodotto assorbe.
Sono poi passato, con un certo stupore del personale in sala, al mio secondo piatto: una faraona ricoperta di culatello cotta nella creta del Po accompagnata da verdure glassate, ricetta del 1842! Cosa c’era da stupirsi? Nulla, se non che la preparazione è pensata per due persone…ma non ci siamo formalizzati e l’ho gustata tutta io da solo! Un piatto pantagruelico nella preparazione, complesso, equilibrato e delicato. Carne con una consistenza fantastica, nobilitata dalla cottura in creta e divinamente completata dalle verdure e dalla salsa di cottura della faraona stessa.
Per non restare a guardare il mio commensale mentre si gustava un dolce, mi sono assaporato un’interessante selezione di formaggi tra i quali ricordo con piacere 2 erborinati: uno di latte di capra (o pecora), un altro stagionato nel caffè. Entrambi davvero ottimi. In accompagnamento a questa selezione di formaggi un ottimo calice di Malvasia Aromatica di Candia Le Rane di Luretta.
Bellissima esperienza.